IL VICERETTORE DELLA UNIVERSIDAD ABIERDA INTERAMERICANA
DI BUENOS AIRES A FERRARA
Non è comune incontrare un professore di 81 anni che abbia la lucidità, la forza e l’entusiasmo di uno giovane ricercatore appena laureato. Questo era il Dottor Francisco Guillermo Esteban, vice rettore della Universidad Abierda Interamericana (UAI) con sede in Buenos Aires, quando lo conobbi per la prima volta a Ferrara. Da allora, sono trascorsi sei anni. Ci siamo rivisti in altre occasioni ma sempre a Buenos Aires. Tra un congresso e l’altro, era di passaggio e voleva conoscere Ferrara. Accompagnato dal figlio docente di sociologia, facemmo casualmente amicizia e mi sentii ben felice di accompagnarli in una visita che si concluse con un progetto di gemellaggio con l’Università di Ferrara. Allora era rettore il Dottor Patrizio Bianchi. Il tema delle nostre escursioni si può sintetizzare nel significato sociopolitico della città in se, catalizzatrice di interessi e promotrice di sviluppi economici condizionati. Ferrara ne era una evidente testimonianza per la sua involuzione. Da ricca economia mercantile comunale a ciclica economia agricola della signoria, sia per motivi morfologici che politici. Ci trasferimmo a Venezia, dove sarei potuto essere utile avendovi in gioventù compiuti gli studi, per poi tornare di nuovo a Ferrara. L’ultima volta che ci siamo rivisti è stato a Buenos Aires, durante il congresso del Consorzio Universitario Italo Argentino (CUIA) nel 2012. Ci salutammo dopo aver preso un cafè al “Libertad Plaza cafe bar” in Avenida Santa Fè. Era oramai sera. Presi il bus 59 per tornare a Plaza Italia. Luoghi magici al pari dell’adagio sostenuto, del concerto per piano in C minore, op. 18 di Rachmaninov che, a suo tempo, gustammo assieme a Venezia. Non ci siamo più sentiti. Mi auguro di incontrarlo al mio prossimo viaggio in Argentina.
Tra Borso d’Este ed Ercole I° d’Este vi è un legame che ci riconduce all’urbanizzazione dell’area attorno a via Ghiara. Ambedue avevano individuato taluni elementi socioeconomici legati all’edificazione di un nuovo quartiere in quell’area abbandonata dal Po. Il quartiere così detto delle ambasciate. Lo sviluppo di una economia dipendente dall’edilizia attorno alla quale roteavano interessi di tutti i generi. Ma fu con l’addizione Erculea che si sviluppò una nuova categoria pesudo imprenditoriale legata a doppio filo con la corte. Architetti, committenti, finanziatori, faccendieri, amministratori di corte, costruttori, corruttori e corrotti, ecc. ecc. Se la vecchia aristocrazia, accettando il lati fondo donatogli dagli Estensi aveva abbandonato il mondo mercantile lasciandosi avvinghiare dalla rete dell’economia agricola, allo steso modo fu in parte sostituita da una nuova borghesia e da una aristocrazia “minore” che dipendevano totalmente dalle committenze di corte. In ambo i casi vi era una autentica sudditanza politico economica verso la corte. Ferrara nel 1152 aveva iniziato il suo declino economico con la rotta del Po che da lì a pochi anni avrebbe ritirato le proprie acque a sud della città. Nonostante gli sforzi, fino a Ercole II° d’Este, Ferrara ebbe perduto il suo porto fluviale ed i commerci ad esso legati. La domanda che mi ripeteva Francisco era “Perché la città?”. Io mi rifacevo alle differenze antropologiche tra nomadi e stanziali e lui, sorridendo mi accennava all’importanza degli strumenti finanziari quali la cambiale inventata a Firenze. Si riconduceva sempre a San Gimignano come esempio di struttura urbanistica medioevale da prendere in considerazione. Lui, nativo di San Luis, alla sua età era ancora alla ricerca di quei riscontri che solo nei nostri borghi era possibile rintracciare. Da lui ho riscoprii il piacere dell’indagine scientifica, assopitosa nella quotidianità delle cose. Visitammo tutte le addizioni urbanistiche di Ferrara, per concludere con il quartiere dell’Acquedotto. Un escursus che potrebbe interessare a molti. Un itinerario turistico dal “Castrum Bizantino” alle ville Liberty di Viale Cavour. Ogni prodotto ha i propri acquirenti. Bisogna attirarli. Questa città difficilmente diverrà un prodotto per un consumo di massa, se non cambieranno gli orizzonti dei propri cittadini.